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Decreto di Trasferimento e Fondo Patrimoniale.

Risposta a quesito:

Allo scrivente viene chiesto quale sia la rilevanza e la conseguente opponibilità di un gravame, costituito da un Fondo Patrimoniale, iscritto su un bene immobile, oggetto di esecuzione immobiliare, da acquistare all’esito della procedura stessa a mezzo di decreto di trasferimento.


Preliminarmente occorre chiarire che la costituzione di un fondo patrimoniale non esclude in assoluto la pignorabilità dei beni conferiti al suo interno (con il cd. “atto di dotazione”, di cui all’art. 167 c.c.) come si ricava “ex adverso” dalla lettera dell’art. 170 del c.c. il quale recita che “L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.

A tal proposito, si ricorda altresì il recente orientamento giurisprudenziale, adottato dalla Suprema Corte per disinnescare un uso distorto e fraudolento che veniva fatto di tale forma di “segregazione patrimoniale”, secondo il quale non sarebbe più possibile distinguere tra le “obbligazioni personali/lavorative” del cd. pater familias e quelle contratte “per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia”, dovendosi ritenere che le prime, in ultima istanza, vengano contratte, e quindi siano riconducibili, in vista ed a soddisfacimento dei secondi.

Ad ogni buon conto ed indipendentemente dalla pignorabilità o meno, nella fattispecie concreta, dei beni oggetto del fondo, una volta che il decreto di trasferimento, in difetto di opposizione da parte dell’esecutato proprietario del bene pignorato, avrà acquistato stabilità, il suddetto vincolo risulterà essere inidoneo a pregiudicare le ragioni dell’aggiudicatario, ai sensi dell’art. 615 del c.p.c..


Eventuali opposizioni tardive che dovessero essere accolte, infatti, consentiranno all’istante vittorioso di rivalersi solo sul ricavato della vendita e non già sul bene stesso, oggetto di esecuzione immobiliare.

L’unica ipotesi, remota e forse di scuola, potrebbe essere costituita da un rilievo di “vizio di notifica” tale per cui sarebbe possibile effettuare la cd. “opposizione tardiva agli atti”, deducendo di non essere stati a conoscenza del pignoramento o di altre fasi della procedura.


Tuttavia, anche tale ultimo dubbio deve essere fugato e da ritenersi superato in quanto il bene viene assegnato a mezzo di decreto di trasferimento solo a seguito del cd. “nulla osta alla vendita”, rilasciato dal Notaio Delegato, così come contenuto all’interno della certificazione notarile di cui all’art 567, 2 c.p.c..

In conclusione è ben possibile dire che, nella fattispecie esaminata, ci troviamo di fronte ad un gravame solo “formalmente iscritto”, ma “sostanzialmente inefficace erga omnes.


Tutto ciò detto, e sebbene la qual cosa ingeneri incertezze ,soprattutto negli Istituti di Credito, e dunque renda meno fluida la circolazione del suddetto bene, non deve meravigliare né spaventare la circostanza che negli “Avvisi di Vendita giudiziaria”, si precisi che il bene “assegnando” sia gravato, così come risulta dai RR.II., dal suddetto vincolo, in quanto, non solo la procedura esecutiva non è causa di cessazione del fondo , ai sensi dell’art. 171 del c.c., ma altresì in quanto l’art. 586 del c.p.c. permette al Giudice dell’esecuzione di ordinare la cancellazione (cd. “effetto purgativo”) delle trascrizioni dei soli pignoramenti e delle sole iscrizioni ipotecarie.

Ed infatti si precisa che, a fronte di avanguardistiche prassi di alcuni Tribunali che applicando la norma in via analogica procedono (eventualmente previa comunicazione del decreto di trasferimento a coloro che potrebbero avere interesse al mantenimento della formalità, in modo da provocarne l’eventuale opposizione) alla cancellazione del suddetto gravame, per ragioni di cd. “diritto sostanziale”, ad avviso delle tesi più consolidate occorrerebbe dare alla norma una lettura restrittiva tale per cui alla Autorità Giudiziaria non sarebbe data la facoltà, ai sensi del citato art. 586 c.p.c., di ordinare la cancellazione di eventuali altri gravami trascritti sull’immobile diversi da quelli sopra menzionati, senza il consenso delle parti interessate.


Sullo sfondo di tale disamina, infine, e comunque fermo restando quanto sopra detto, si precisa che tale cancellazione risulterebbe essere superflua in quanto, ai fini della opponibilità ai terzi del suddetto vincolo, rileva l’annotazione effettuata a margine dell’atto di matrimonio, ai sensi degli artt. 162,4 c.c. e 163,3 c.c., cd. “pubblicità dichiarativa”, e non già la trascrizione effettuata ai sensi dell’art. 2647 c.c. in quanto questa ultima assolve, per costante interpretazione dottrino-giurisprudenziale, una funzione di mera “pubblicità notizia”.

Bussolengo, 9 ottobre 2019

Notaio Vincenzo Terracciano


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